Un formatore deve essere un buon comunicatore, giusto? NON E’ SUFFICIENTE!!

Deve essere anche un valido professionista?!! NON BASTA !!

Le risorse umane sono sempre più sollecitate ad effettuare percorsi formativi per migliorare perfomance e modalità comunicative in azienda. Ma cosa accade in genere appena finito un corso aziendale? Se il formatore è un buon comunicatore e se ha una valida professionalità, ogni partecipante termina il corso con grande entusiasmo, convinto di poter applicare ogni suggerimento appreso.

Passano i giorni e… il rientro nella quotidianità fa piano piano andare nel dimenticatoio buona parte dei concetti appresi. Fino a dimenticare, di lì a poco,  quasi tutto.

E’ CAPITATO ANCHE AI TUOI MANAGERS?

Perché accade? Non tanto per la mancanza di capacità comunicativa o di professionalità del docente e neppure per la distrazione o incapacità delle persone presenti durante il corso. Accade perché l’attività più importante in un percorso formativo è …

… la capacità (del docente) di far entrare quelle informazioni attraverso vie di comunicazione che si distaccano dalla formazione tradizionale. Interessante ma… come accade?

Quando dopo 10 anni dal corso svolto ricevo email di managers entusiasti del percorso fatto insieme tanto tempo prima, nelle quali mi raccontano i cambiamenti accaduti, sento di aver seguito la traccia migliore per loro. Ricordano tutto quanto appreso in aula? Qualcosa forse sì, ma non è questo il punto. Ciò che hanno assorbito durante il corso fatto insieme, è diventato inconsciamente parte della loro quotidianità:

migliorare la comunicazione con il loro team, incrementare la visione d’insieme, accentuare la sicurezza in loro stessi, scoprire i canali prioritari nella comunicazione altrui, diventare curiosi di come funzioni la loro mente…

E’ un po’ come quando leggiamo un libro che ci appassiona: lo divoriamo e ci emoziona mentre continuiamo a sfogliare le sue pagine. Dopo qualche tempo forse non ricordiamo neppure il nome del libro o dell’autore, ma i concetti sono diventati parte del nostro nuovo stile di pensiero e quindi generano una “nuova quotidianità”, senza neppure accorgercene.

Ricevere questi commenti entusiasmanti mi indica che sono diventata anche io parte di quella quotidianità della quale desiderano farmi ancora partecipe, perché gli studi sul funzionamento del cervello, della mente, delle connessioni neuronali e delle modalità utilizzate dal subconscio dovrebbero essere la chiave basilare di ogni percorso formativo. Concordi?

Un percorso di Coaching individuale mirato apporta certamente una visione d’insieme che in questo momento storico fa la differenza tra un manager intimorito, insicuro e quindi inefficace nel lavoro e un manager con una nuova visione d’insieme, forte, determinato e quindi estremamente efficace! Mi piacerebbe scambiare delle opinioni in tal senso.

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